La salama (o salamina) da sugo conserva da ormai 500 anni un traguardo ineguagliato; buongustai, storici, critici, la ricordano come una tradizione tipica ferrarese che, probabilmente rimarrà nei secoli.
Le prime notizie di questo piatto risalgono al XV secolo quando un tale Domenico venne accusato di usare sale di contrabbando per fare ‘salami alla ferrarese’.
Lo storico Frizzi ritiene che i
primi produttori di tale piatto siano stati ‘porcaioli’, cioè montanari di Trento e di Bormio stabilitisi nella valle del Po.
La sua forma tipica è testimone della sua età: la divisione a spicchi era infatti un motivo ricorrente del vasellame del XV-XVI secolo.
Moltissimo scrittori e letterati la ricordano: Valerj la descrive come la ‘Saucisson a suc’, Luigi Napoleone Cittadella la ricorda in diversi scritti, Scipioni Sacrati ne scrisse un trattato chiamato ‘La porcheide’.
Frizzi scrisse la ‘Salameide’ poema (?) in cui descrive leggende e fatti storici che accompagnano il maiale dalla nascita alla morte.
Giorgio Bassani infine la ricorda nel ‘giardino dei Finzi Contini’.
Viene confezionata usando diverse parti della scrofa adulta, sale, vino, pepe, noce moscata, chiodi di garofano mescolati insieme in una vescica di maiale; messa ad asciugare in un ambiente caldo per 3-4 giorni e sucessivamente lasciata stagionare per 7-8 mesi.
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