Correva l’anno 1279 quando il notaio Ugolino Scarpa, elencando ciò che il milite Ponzio Bastone lasciava in eredità, cita tra le altre cose “bariscella una plena de macaronis” (un certo pieno di maccheroni). Ancor prima, nel 1244, un medico bergamasco promette ad un lanaiolo di Genova che l’avrebbe guarito da un’infermità alla bocca se egli non avesse mangiato né carne, né frutta, né cavoli, né pasta: “… et non debes comedare aliquo frutamine neque de carne bovina nec de sicca neque de pasta lissa nec de caulis…” (Roberto S.Lopez “Su e giù per la storia di Genova”). Marco Polo torna a Venezia nel 1292! Il confronto di queste tre date chiarisce da solo ogni dubbio residuo: la pasta non fu invenzione cinese, gli italiani la conoscevano già prima che l’eroe de Il Milione tornasse dal suo avventuroso viaggio. Allora furono veramente gli italiani ad inventare la pasta? Pare assai azzardato cercare di imputare a tutti i costi l’invenzione della pasta perché, a nostro avviso, di invenzione non si tratta, ma piuttosto del naturale sfruttamento di una materia prima assai diffusa.
Il frumento era conosciuto circa 10.000 anni fa e, quando si scoprì che, frantumandone i chicchi, se ne poteva ricavare la farina, gli uomini incominciarono anche a produrre i primi impasti che, cotti su pietre roventi, davano sottili focacce, il famoso pane àzimo. Dalla cottura del composto farina-acqua sulle pietre, alla bollitura in acqua il passo è breve e naturale. Le più antiche testimonianze su formati di pasta cotti in acqua risalgono infatti a 3000 anni a.C.. Famosi i rilievi in stucco della Grotta Bella, tomba etrusca del IV sec. a.C., che riproducono l’interno di una casa: ai due pilastri centrali sono appesi, tra l’altro, la spianatoia, il matterello, la rotella dentata ecc.
Nella sua formulazione più semplice dunque la pasta è cibo antichissimo, che ebbe origini del tutto indipendenti. Non ci sembra perciò giusto parlare di “invenzione” quando ci si riferisce ad un alimento la cui produzione ed il consumo sono naturali conseguenze dell’evoluzione della civiltà dei popoli. Ciò che comunque resta certo è che non fu Marco Polo a insegnarci a mangiare gli spaghetti! Ma non furono nemmeno i napoletani a dar origine alla pastasciutta. I maccheroni non sono nati a Napoli, ciò è storicamente accertato, ma in questa città hanno ricevuto senz’altro la loro massima esaltazione popolaresca: l’innata sapienza gastronomica del napoletano, fatta di entusiasmi, di intuiti e di sentori, ha subito accolto, arricchito e fatto proprio questo cibo. Tanto che, alla fine del ‘600, esso diventerà la base dell’alimentazione quotidiana popolare e, trasformando il napoletano da mangiafoglia a mangiamaccheroni, come dice E.Sereni, originerà una simbiosi inscindibile.