Torta di ricotta dall'antico sapore del liquore conciato
Una ricetta ottima all'interno di una bellissima storia tutta da leggere
Ingredients
- ricotta 3 albumi montati a neve 150 g di zucchero di canna 30 gr di burro 1 bustina di lievito vanigliato in polvere 1/2 bicchierino di marsala DOC - 500 g
- farina - 250 g
- uova - 3
- albumi - 3
- zucchero di canna - 150 g
- burro - 30 g
- bustina di lievito per dolci - 1
- Marsala DOC - 1/2 bicchierino
Instructions
"In una ciotola fai cadere i tre rossi d’uovo e sbattili con lo zucchero con energia instancabile, in modo che il composto diventi spumoso. Sarà perfetto quando apparirà con la consistenza del mare nell'increspatura che lascia sulla riva. Sul fondo, vedrai, il colore giallo delle uova, sulla superficie la spuma bianca e profumata pronta a inglobare altri compagni di viaggio.
Alla nostra marea sottile, uniamo il burro fuso, dolcemente, senza farlo brunire. Il sapore si guasterebbe.
Ora la ricotta. Mettiamola in un colino, con le mani la stemperiamo in modo che ogni umore liquido fuoriesca. Sentila sotto le mani, così leggera eppur grumosa e forte. Mentre la lavori annusa il suo profumo di latte e caglio, e adora la dolcezza.
Mettila in un altro recipiente e montala come panna montata, falla gonfiare e, quando vedi che diventa leggera e morbidissima, è il momento del grande incontro con uova e zucchero. I profumi si fonderanno, inebrieranno i sensi, provocando il desiderio che sia pronta il prima possibile, per sentirla sciogliere in bocca. Allora penserai a chi offrirai questo momento speciale. Assecondiamo la danza del cucchiaio, facendolo entrare nel composto liberamente, senza chiedere nemmeno il permesso”.
Lo seguo con gli occhi. Ne sono preda, incapace di fuggirne.
"È il momento della fecola. Falla cadere da un colino, che non vi sia grumo impertinente che non vogliacedere all'impasto, rimanendo attorcigliato a sé stesso. La fecola saprà offrire in dono la morbidezza. È una farina più sottile, impalpabile, tra le mani pare non abbia consistenza, simile alla sabbia del Mar dei Caraibi, bianca e fine. Se ti capiterà, scoprirai che, sdraiandovisi, quella rena non aderirà al tuo corpo, talmente è leggera".
Barbara mi apre il palmo della mano e ve la fa scivolare sopra. Sento la delicatezza, la sua morbidezza, un arrendevole lieve solletico.
"La cucina non prescinde mai dai sensi, Lily. Devi sentire, immergerti, assaporare, avvertire che il tuocorpo e la tua anima si uniscono, lì sarai tu e nessun altro”.
Barbara mi osserva, mentre ancora sto sfiorando quella polvere bianca, Si avvicina, me l’accarezza. D'istinto ritiro la mano, per un brivido. Non ci sono abituata. Lei capisce. Prosegue con il sortilegio.
"Amalgama, mescola, fa’ piroettare tra le mani il cucchiaio di legno. È un compagno ideale per mescolare gli ingredienti, è caldo, conduce il tepore delle mani a questa meraviglia…
Sembra gioire con noi della vivacità della vita, e allegramente darci soddisfazione di lievitazione!”
Barbara pare canticchiare mentre spiega. Tutto brilla di un’euforia speciale.
"Ora montiamo gli albumi a neve fermissima per dare al dolce sontuosa morbidezza e particolare voluttà con un candore profumato quasi sussurrato.
Un pizzico di sale laddove il dolce predomina per equilibrare i sapori con immancabile strategia. Per ultimo, aggiungiamo all’impasto il lievito vanigliato, che scandirà il termine dell'amplesso tra gli ingredienti e l'inizio del viaggio verso il piacere".
Non trattengo il lieve rossore sulle guance.
"La cucina è passione, Lily, non devi temerla. Non dobbiamo temere di lasciarci andare, se ne vale la pena… Avvicinati e senti gli aromi quanto si fondono, creando l'armonia perfetta”.
Barbara si ferma.
"Che il marsala giunga a noi... come la porta del piacere pronta a violarne il candore", sussurra con un filo di voce leggermente roca. Accoglie tra le mani l'ampolla preziosa, ne toglie il tappo di cristallo e, da come si guarda intorno, capisco che ha urgenza di un bicchiere.
Scatto in piedi, vado alla credenza. Cerco quello giusto, ho capito che serve quello giusto. Una breveocchiata, ne scorgo uno rosso, leggermente inciso, di vetro delicato, unicosuperstite nel suo genere. Glielo porgo, lei lo guarda, e delicatamente vi versa il liquore.
Prende tra le mani il calice, ne osserva il colore bruno, lo avvicina, ne coglie il profumo come se fosse della rosa più odorosa, lo appoggia alla bocca a bagnarsi le labbra. E sorride. Me lo allunga, tenendolo con due mani come coppa pregiata.
"Bevine un poco per prenderne confidenza, per capire la quantità di aroma che ti piacerebbe avesse la tuatorta, soprattutto pensando a chi ne godrà".
E, sussurrando:
"Non eccedere però, l'eccesso annulla ogni intensità amorosa".
Barbara versa delicatamente sul composto candido quel liquido scuro, mescola con delicatezza, mostrandomi come cambia leggermente il colore.
Barbara è la sacerdotessa del tempio, ministra del culto, io la sua fedele seguace.
Prende tra le mani una teglia.
"Imburriamo e infariniamo una tortiera, in modo da farne un talamo accogliente per il nostro composto, e quando il forno sarà arrivato alla temperatura di 180° vi adageremo il dolce“, accenna controllando che ogni angolo della tortiera sia ricoperto di burro e farina.
“Riempiamolo della deliziosa mistura e facciamola entrare nell'antro infuocato. Sediamoci qui accanto e sorseggiamo un bicchiere di quel vino denso e liquoroso, chiudiamo gli occhi e aspettiamo per quaranta minuti”.
Parla con un estremo filo di voce. Sembra improvvisamente stanca, si abbandona sulla sedia. Il suo sguardo è inchiodato sul forno.
Silenzio assoluto.
Si aggiusta i capelli, fa scendere le maniche a coprire le braccia.
“Qualche minuto ancora e la tua cucina sarà travolta da un aroma intenso, che diffondendosi come un filtro prodigioso, scatenerà un’indomata ingordigia.
Non resisteremo all'incanto dorato della crosticina e al candore morbido del suo interno", ripete Barbara quasi a sé stessa. Si lascia andare a un profondo sospiro.
Dal libro; “2 DOSI VANIGLIA, 1 DOSE PATCHOULI” di Francesca Bartolucci